Nel corso del Novecento si avverte la
necessità di riconoscere la natura composita della letteratura
amiricana, che per lungo tempo la critica occidentale ha considerato
all'interno di uns tradizione culturale unitaria. In particolare, negli
anni Sessanta, la comunità chicana manifesta la volontà decisa di delineare
un canone narrativo, che sia in grado di esprimere una propria identità
culturale, non soltanto compatta, ma anche autonoma rispetto alla
narrativa ufficiale statunitense. Negli anni Ottanta, come accade a
molti gruppi radicali, anche il movimento chicano per i diritti civili
si trasforma in un vero e proprio studio, che è possibile collocare nel
campo di indagine dei Border Studies.
Lo
sviluppo dei Border Studies, filone di ricerca che si inserisce
nell'ambito più generale dei Cultural Studies, si deve ricondurre alla
complessità assunta dalla nozione di frontiera nel Sud Ovest degli Stati Uniti.
In
una realtà come quella odierna, in cui la cultura migrante e liminare
si va sostituendo all'identità nazionale statica e definita, lo spazio
non può che rendere possibile la negoziazione, nel tentativo di superare
la polarità.
La singolare condizione del vivere in-between
(Bhabha 1994) caratterizza l'esistenza della popolazione messicana
americana sin dalla firma del trattato di Guadalupe-Hidalgo, nel 1848.
Allo stato di perenne transizione si è aggiunto l'assoggettamento
attuato, nel corso del tempo, da parte della cultura dominante angla,
tesa ad inglobare in un ampio crogiolo le identità etniche minori.
Nonostante ciò, con il trascorrere degli anni l'identità frontaliera dei
messicani americani si è rafforzata, giungendo alla costituzione, negli
anni Sessanta del Novecento, del Movimento Chicano.
L'orgoglio
identitario ha portato i chicani alla riscoperta delle proprie
espressioni artistiche e alla rivalutazione delle radici culturali, che
sono alle origini del Messico. Oltre al teatro e alla letteratura, uno
dei campi che ha dimostrato di essere maggiormente interessato alla
pratica del border crossing (pratica di attraversamento della frontiera) è quello artistico.
Nonostante
le espressioni relative all'arte visiva messicana siano numerose e
diversificate, è possibile riscontrare alcune espressioni che affiorano
sia nell'arte "povera", che in quella "colta", legata ai movimenti
d'avanguardia. Gli artisti sono, infatti, accomunati dal rappresentare,
attraverso degli originali dipinti votivi realizzati su metallo (i retablos),
le innumerevoli difficoltà che i messicani incontrano sin da quando si
trasferiscono negi USA. L'abbandono dei propri affetti, la
clandestinità, le malattie sono solo alcuni dei temi affrontati, che,
grazie anche all'utilizzo di colori vivaci ebrillanti, si connotano di
una forte carica emozionale.
L'analisi dei retablos realizzati dai migranti messicani, condotta da Jorge Durand e Douglas S. Massey in Miracles on the border: retablos of Mexican migrants to the United States
(1995), rappresenta un importante strumento al fine di comprendere in
modo più approfondito le peculiarità della vita sulla frontiera.
Consente, inoltre, di cogliere alcuni aspetti di queste opere
devozionali, che è possibile riscontrare anche in alcuni dipinti di
Frida Kahlo (1907-1954).
L'artista messicana, famosa anche per il temperamento tormentato e passionale, dipinge dei retablos
che, pur essendo ispirati da alcune esperienze drammatiche del suo
vissuto (l'aborto, il dolore fisico provocato da un incidente...),
sembrano attingere chiaramente alla tradizione dei dipinti votivi
"popolari". Il più emblematico per descrivere la singolare posizionalità
delle identità che si vengono a definire sulla frontiera è Autoritratto al confine tra Messico e USA (1932), in cui, ancora una volta, lo spazio di passaggio, non delimitato, aperto verso un altrove e un circostante (Montinari, Nergaard 2001) assume un ruolo fondamentale nella rappresentazione.
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