Ho trascorso gli ultimi 11 mesi in una tranquilla località inglese famosa per il suo castello maestoso, il verde dei parchi e il fiume con i cigni bianchi. Tutto è iniziato quasi per caso. Stanca di frequentare l'ennesimo corso regionale, privo di concreti sbocchi occupazionali, ho deciso di iscrivermi al sito internet www.aupair-world.it, che mette in contatto le aspiranti au pair con famiglie di ogni dove. Ho inserito sul sito una mia foto e una breve descrizione degli studi e delle esperienze lavorative connesse al tipo di attività che sarei andata a svolgere. Dopo 2 giorni ho ricevuto una richiesta di contatto dalla famiglia inglese che mi ha ospitato e sono diventata in brevissimo tempo, quasi senza avere il tempo di realizzare cosa mi stesse accadendo, un'au pair. Appena arrivata in Inghilterra mi sono iscritta ad una scuola privata inglese che organizza corsi per stranieri. Credo che la frequentazione di un corso in lingua sia di fondamentale importanza per che vive quest'esperienza. A differenza di chi trova un impiego in caffetterie, pub e negozi, l'au pair trascorre, infatti, gran parte del suo tempo con i bambini, che, nel caso di genitori molto impegnati e poco presenti, rischiano di diventare gli unici interlocutori con cui esercitarsi a livello linguistico. Le prime espressioni che si imparano sono proprio legate alla quotidianità vissuta con loro in famiglia ( nappy, dummy, wee-wee, potty, buggy...). Il rapporto che si viene a creare con i bambini è molto bello, ma impegnativo. Non vi stupirete se i genitori decideranno di trascorrere qualche weekend fuori città lasciando i bambini a casa con voi, o usciranno la sera per andare a cena fuori, chiedendovi di fare baby sitting. In Inghilterra è molto comune. I bambini vanno a letto molto prima che in Italia (19.30-20.00), dopo aver cenato e fatto il bagnetto.
Qualche consiglio per tutte le ragazze e i ragazzi (nel rispetto della parità tra i sessi esistono anche i "ragazzi alla pari") che vedono l'esperienza da au pair come la giusta opportunità per conciliare la necessità di imparare l'inglese con quella di guadagnare qualcosa.
Una delle differenze che noi italiani avvertiamo immediatamente quando ci trasferiamo in l'Inghilterra interessa il clima. Il sole lascia il posto alle nuvole e piove spessissimo. L'ombrello è d'obbligo, è risaputo, ma soprattutto, bisogna cercare di pensare all'obiettivo della nostra permanenza, accettando il tempo per quello che è, e trasfomare l'instabilità atmosferica in un argomento di cui conversare con il vicino di casa, il commesso del negozio, o il passante incontrato per strada.
Oltre che dagli effetti della mancanza di luce naturale, l'umore risulta influenzato anche dalle diverse abitudini alimentari. Si sente presto la nostalgia di una buona pizza, soprattutto se si abita in un piccolo centro e non a Londra. A me è capitato di vivere con una famiglia che cucinava molto spesso pasta, e al mattino potevo prepararmi il caffè italiano, ma questa non è la regola. Nei supermercati inglesi il reparto dei cibi precotti e surgelati è davvero vasto e assortito. Si tende sempre più a risparmiare tempo (considerato preziosissimo) e il microonde è diventato un elettrodomestico immancabile nelle cucine anglosassoni. Oltre a tutti quei prodotti che da noi sono molto comuni, quali pizza, pasta, pane e focacce, vi mancherà, ben presto, anche un buon espresso. L'ho provato in molte caffetterie diverse, ma è sempre troppo lungo!! Chissà, magari, dopo aver assaggiato il caffè deciderete di darvi al tè con il latte, bevanda tipicamente inglese. Probabilmente vi stupirete vedendo per strada le signore praticare la corsa con il passeggino e vi chiederete come facciano gli inglesi ad essere così in forma, nonostante il consistente consumo di burro. Sarete, inoltre, sicuramente colpiti dalla quantità di volte in cui si scusano per strada, per qualsiasi cosa.
Dopo i primi tempi, si inizia ad "entrare" nei nuovi ritmi e a non pensare più con ossessione al cibo (in ogni conversazione a scuola si finiva per parlare di pizza, mozzarelle, pasta, parmigiana...), mentre il lavoro inizia a diventare relativamente più semplice. I bambini si affezionano all'au pair, che, nel frattempo, è diventata per loro un membro della famiglia sempre presente e una compagna di giochi, in grado anche di preparare piatti gustosi. Ma non è tutto così automatico. Conquistarsi la fiducia dei bambini può risultare difficile, soprattutto se non accettano di buon grado il fatto di essere affidati ad una persona che inizialmente non conoscono e parla un'altra lingua. La pazienza è una qualità preziosa per svolgere questo lavoro, così come è necessario essere flessibili e avere spirito collaborativo. Di solito ci si alza presto al mattino per accompagnare i bambini a scuola, quindi, essere pigri non aiuta affatto. Molto spesso capita di dover guidare la macchina di famiglia, con il clima invernale può essere una necessità. Per me inizialmente è stato un incubo, perchè vi assicuro che guidare dall'altro lato della strada, con il cambio al contrario, non è la cosa più semplice del mondo. Se gli specchietti potessero parlare!! Ma ci si abitua anche a questo. Ci si mette alla prova ogni giorno e si superano paure ed insicurezze. Forse questo è l'aspetto che può essere ritenuto più importante quando si vive un'esperienza del genere. Al di là dei piccoli problemi che possono sorgere nelle relazioni con la famiglia ospitante, o delle incomprensioni dovute alle differenze culturali, si ha la possibilità di affrontare i propri limiti, superandoli, ci si spoglia di certezze e convinzioni assunte a priori, aprendosi al confronto, oltre che all'incontro, con l'altro. Bisognerebbe considerare quest'esperienza come un momento di crescita e arricchimento. Le difficoltà non mancheranno, ma nasceranno, di sicuro, anche delle belle amicizie multiculturali.