sabato 23 gennaio 2010

Televisione: fabbrica di icone



"La star è un essere unico e multiplo in cui ciascuno si identifica e che si identifica con tutti". La definizione di Séguéla può aiutare a comprendere le motivazioni dell'esistenza del gran numero di icone, che attraverso le continue esposizioni mediatiche sono soggette ad una sempre maggiore umanizzazione, ed entrano con prepotenza nell'immaginario collettivo, facendo proprie le categorie di atemporalità e universalità.
Quotidianamente i miti hollywoodiani, illustri scienziati, e persino l'apostolo della nonviolenza, Mahatma Gandhi, vengono fatti "resuscitare" dal mondo della pubblicità per simboleggiare valori e qualità morali.
La tecnologia moderna consente, infatti, di combinare spezzoni di vecchi filmati con immagini di attori contemporanei. Così può accadere, ad esempio, di vedere in televisione Giovanni rana che discute con Marilyn Monroe di pasta fresca, o si affaccia dal Cremlino accanto a Stalin.
Ormai non ci si stupisce più del fatto che la qualità di un prodotto commerciale sia testimoniata da personaggi passati a miglior vita da tempo, divenuti leggenda, che appaiono perfetti per il mondo ritoccato al computer, tipico dello spot pubblicitario: non commettono gaffe, non protestano, e soprattutto, costituiscono immagini imperiture di devozione collettiva. Quest'ultimo aspetto è così rilevante, da spingere qualcuno a ipotizzare che le icone costruite per soddisfare i bisogni di una società feticista, dedita a ridurre la bellezza a semplice merce di scambio, in realtà conducano un'esistenza tranquilla in qualche isola paradisiaca, restando in incognita.
Nell'affollato universo televisivo si sono affermate anche icone di più recente creazione. Un esempio emblematico è costituito dalla famiglia dei Simpson, personaggi dalla pelle gialla e gli occhi sporgenti creati nel 1985 da Groening. Il pubblico di tutto il mondo si riconosce in Homer e nella sua famiglia, emblema di tutto ciò che si vorrebbe, ma non si osa, essere.
Per i ragazzi quella dei Simpson è una famiglia di antieroi, che prendono le distanze dagli imperativi morali, sono politicamete scorretti, ma, allo stesso tempo, dimostrano di essere una famiglia unita. Sono stati annoverati dal Times tra le figure memorabili del XX secolo, rappresentano il cartone animato più longevo destinato ad un pubblico adulto, e, mentre i guadagni derivati dal merchandising di gadgets e magliette sono ancora elevati, il loro linguaggio continua ad influenzare espressioni del gergo giovanile. Inoltre, al di là della simpatia e dello spirito anticonformista di queste "icone di massa", il successo della serie va interpretato come un fenomeno emblematico della complessità postmoderna, poichè racchiude nei diversi episodi riflessioni legate ad una pratica culturale alta e bassa, presente e passata, sino a costituire, in alcuni casi, un vero e proprio specchio della realtà, che ci porta indirettamente a ridere, anche se con un pizzico di amarezza, dei nostri difetti e dei nostri comportamenti peggiori. Questa ironia rimanda indietro nel tempo, sino al teatro Elisabettiano, che suscitava ilarità portando sulla scena i vizi e le virtù di quella stessa società inglese che assisteva agli spettacoli.

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